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      Chiamati a furia i compagni, rimasero tutti senza saper che pensare, vista costei così abbandonata ed in un tal luogo. Con quanta cura poterono, la portarono sul letto del duca, che trovato tutto sottosopra fu da loro rassettato alla meglio; e Consalvo, commiserando quella meschina che appariva tutta pesta, graffiata in viso, coi capelli stracciati, non senza alcuna macchia di sangue, risalì frettoloso per commetterla alla cura di qualche donna: nè volendo propalar la cosa per allora, al bujo com'era di tutto quel fatto, pensò fidarsi di Vittoria Colonna, la cui matura prudenza gli era ben conosciuta. Giunto nelle sale del ballo, e trovata la figlia di Fabrizio, la condusse chetamente al letto di Ginevra, narrandole per istrada ciò ch'era avvenuto, e quanto fosse d'uopo in quel frangente de' suoi conforti per la sventurata che non conoscevano. Il cuore animoso di Vittoria Colonna ne accettò con premura e gratitudine il carico; e quando fu giunta al letto della giovane, e l'ebbe fissata in volto un momento, si diede ad assettarle il letto, dispose meglio i guanciali, ed adagiovvela in modo più comodo, con quella sollecita e sagace pietà di cui la Provvidenza ha dotate specialmente le donne, istituendole quasi dispensatrici delle sue consolazioni agli afflitti.
      Lo stato di Ginevra era una specie di letargo nel quale l'avean fatta cadere i tanti suoi patimenti, una prostrazione totale di tutte le forze; non si poteva dir fuori dei sensi, nè in sè; stava dove la si metteva: se le si moveva un braccio od il capo, lasciava fare, e pareva non se ne accorgesse; aveva gli occhi aperti naturalmente, ma spenti affatto, e li volgeva intorno senza sguardo.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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