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      Il suo dire era interrotto spesso dallo sfinimento, e in parte mal connesso, perchè mal le reggeva il cervello a sì penoso lavoro.
      - Padre! disse alla fine Ginevra, sono stata, è vero, molt'anni vicina a chi non m'era marito, ma non ho avuta altra colpa fuorchè quella d'espormi al pericolo di mal fare; Iddio solo me n'ha liberata. Sono stata negligente nel cercar del mio sposo, e nel chiarirmi se veramente fosse morto... alla fine poi l'ho trovato, ed allora subito risolsi di ritornar con lui... e l'eseguii... e coll'ajuto della Vergine sperai che mi riuscisse... ma Dio! invece dove son caduta!...
      E qui narrava a Fra Mariano come approdando al piè della rôcca avesse veduto lo stretto colloquio d'Ettore e d'Elvira, per la qual cosa sopraffatta dal dolore era caduta nel fondo del suo battello e s'era risentita soltanto nella camera del Valentino; e spiegato questo crudel fatto sino alla fine, prorompeva in un pianto, convulso e disperato, ed in parole sconnesse, che mostravan pur troppo la nascente alienazione della sua mente.
      Commosso fin nel profondo del cuore il buon frate, prese con quella prudenza che richiedeva l'importanza del caso tutti i modi per ridurla in calma, e solo vi riuscì in parte dopo molto tempo, quando la natura stanca diede luogo a quel parosismo, che lasciò l'infelice sensibilmente più sfinita e mal ridotta di prima.
      - Padre! - seguitava Ginevra con voce indebolita, - è possibile dunque che Dio, che la Vergine abbian ributtate le mie lagrime, maladetto il mio dolore?


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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