Questa è brevemente la difinitione, & la forma di questo animale, & del suo corno, alla quale si confrontano molti altri buoni autori, & principalmente Eliano, il quale nel libro XVI al cap. ventesimo, scrive questa bella historia, la quale per esser molto al proposito nostro, è di bisogno quì di scriverla tutta. Si dice esser alcuni monti (dice egli) nelle intime regioni dell'India, alli quali si va con difficoltà, dove dicano, che tutte le bestie, che sono appresso di noi domestiche, ivi sieno fere selvaggie, cioè Pecore, Buoi, & Capre, le quali vadino però vagabonde, & in libertà loro, & i Cani similmente fieri senza cura degli armenti.
Et che di fere si fatte ve ne sia infinita copia, ne fanno fede i Bracmani, nominati quì per huomini sapientissimi, & di felicissima vita. Con questi animali annoverano il Monocerote; lo quale nominano in lor voce Cartazone, & che egli sia di grandezza quanto un Cavallo di intera età, con i crini, & co' piedi, che tirano al rosso, molto forte di gambe, & agevolissimo di tutto'l corpo, ha le dita de' piedi indivise, come l'Elefante, & la coda di Cinghiale. Fra le ciglia ha un corno nero, & non pulito; ma con certe ravvolte intorno naturali, d'una punta aguzza molto, & di voce stravagantissima da tutti gli altri animali, & molto acuta. Con tutte le bestie, che gli si accostano, dicano esser piacevole, & mansueto, eccetto con li suoi istessi, con i quali combatte, & non solamente co' i maschi ha egli crudele inimicitia, ma contra le femmine ancora, & che combatte terribilmente fino alla morte, perche egli ha una forza smisurata, & armato di quel corno inespugnabile, va errando per luoghi desertissimi, & solo.
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