C'è una gran soddisfazione a studiare e a meritarsi il premio: ma quella di rendersi utile alla mamma malata è più grande di tutte!
Il bove.
Attilio sta per finire sei anni, e a vederlo tutto assennato e composto, gli se ne darebbe anche dieci. Ha quasi l'aria di un omino. La sua passione, quando ha finito di far le cose di scuola, è di guardare i libri colle figure. A volte la mamma gli presta un librone grosso grosso, dove ci sono disegnate tutte le bestie, tutte le piante e tutte le pietre che si trovano sulla terra. Il babbo dice che quel librone è intitolato "Storia Naturale", ma il bambino non si confonde coi titoli, e passa delle ore a guardare ora un bell'uccello dalla coda lunga lunga, ora qualche albero dalle foglie gigantesche, ora certe pietre dalle forme curiose, che sporgono dall'interno d'una grotta o rotolano dal vertice d'un monte scosceso.
Un giorno però, il nostro Attilio tornò a casa piangendo e singhiozzando: un bambino cattivo, uno di quei bambini maleducati che vanno alle scuole senza ricavarne profitto, gli aveva dato del bue. Quella parola di bue proferita ad alta voce, con modo schernevole, aveva fatto un grande effetto sull'animo di Attilio: gli pareva di non potere esser trattato di peggio, anche se fosse campato cent'anni.
- Bue! bue! Ma io non ci vedo poi un gran male in questa parola, disse il babbo ridendo. È il nome d'una bestia rispettabile e utilissima, della quale non so come potremmo fare a meno.
Attilio spalancava i suoi begli occhi turchini e guardava il babbo con quell'aria che equivale ad una interrogazione.
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