La mamma, seduta sulla panchina accanto, lavorava, e di quando in quando dava un'occhiata ai suoi figliuoletti.
Tra quei sassolini ce n'erano dei graziosi, tanto per forma come per colore; alcuni erano piccini, rotondi, lisci, e neri: altri, pił grossetti, apparivano screziati di rosso, di verde e di giallo.
Carlo domandņ a Dario:
- Lo sai, tu, di dove si levano questi sassolini?
- No, ma saranno venuti da sč.
- Dinne delle grosse! Venuti da sč! Come devono fare a venire da sč? Li hai presi per piante? Gią neppure le piante vengono da sč: bisogna seminarle e....
- Seminarle! Sta a vedere che tutta l'erbaccia inutile che cresce tra i crepacci delle vecchie mura e ne' giardini abbandonati, č stata seminata!
- Dalla mano dell'uomo, no certo: ma il vento o qualche uccellino avrą trasportato i semi di quell'erba nei luoghi che hai accennato.
- Lo stesso sarą avvenuto dei sassolini....
- Si cheti, ignorantello! I sassi, per sua regola non possono nascere nč crescere, nč....
L'epiteto inaspettato e soprattutto quel lei autorevole, sostituito di punto in bianco al tu, colpirono il povero Dario, il quale guardņ dapprima suo fratello con aria indecisa, poi la mamma, poi un cane che abbaiava: e non sapendo far di meglio, proruppe in un dirotto pianto e strillņ:
- Ih! Ih! Io non voglio esser chiamato ignorantello da te! Ih! Ih!
La mamma giudicņ prudente d'intervenire.
Carlo le corse incontro per giustificarsi, ma la mamma non glie ne dette il tempo.
- Dario ha ragione, diss'ella con severitą. Un bambino buono e ben educato non deve offender mai nessuno: figuriamoci poi il fratellino minore!
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Dario Dario
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