Il sole dorava già le cime dei campanili, gli uccellini cantavano, un ventolino fresco e odoroso bisbigliava tra le foglie delle acacie, e i contadini s'incamminavano al mercato con le loro ceste cariche di ciliegie e di fiori. Tutte le porte, tutte le finestre erano sempre chiuse; la nostra lieta famigliuola era certo, per quella mattina almeno, la più sollecita.
E non si misero in cammino a mani vuote: anzi, siccome l'appetito sarebbe venuto a tutti, così tutti portavano qualche cosa; i tre bambini avevano un paniere per uno, dove c'era del pane, del vino, della carne e delle frutte.
Il babbo aveva una specie di borsa a tracolla, nella quale aveva riposto l'occorrente per pescare: e, così diviso, il peso delle provviste non incomodò nessuno.
La mamma sola aveva le mani libere: tanto il babbo che i fanciulli non avevano voluto caricarla neanche di un gingillo: le volevano troppo bene per esporla alla più leggiera fatica. Non avreste fatto lo stesso anche voi, bambini?
Il babbo andava avanti con Giorgio, che portava sulla spalla le reti e le lenze per sè e per i suoi fratellini. In cima a ognuna di queste lenze, pendeva un pezzettino di legno, intaccato alle due estremità, e al quale era avvolto un lungo filo bianco e un sugherino rosso. E siccome la lenza era flessibile, il pezzettino di legno rimbalzava a ogni passo e faceva fare delle grosse risate all'Ernestina che camminava dietro a loro.
La mamma veniva ultima con Gigino, sempre un po' musone.
Infatti per lui che era stato più di un anno a Livorno, dove ci son tanti pescatori, quel passatempo non doveva riuscire molto attraente.
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Giorgio Ernestina Gigino Livorno
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