- Che hai, Gigino? disse la mamma. Perchè codesta cera da mortorio?
- Perchè io non mi diverto punto, rispose Gigino. Non potevano scegliere un'altra cosa? I burattini, per esempio?
- Sai bene che l'Ernestina non li può soffrire. Ci si sarebbe annoiata, e ci saremmo, credilo pure; annoiati tutti.
- Ma mi sarei divertito io, riprese Gigino.
- Pensa, rispose la mamma, che se avessimo fatto a modo tuo, saremmo stati, in quattro, a provare la noia che provi tu solo. Non è meglio, contentare i più? E tu, in sostanza, ti saresti potuto divertire in mezzo alla contrarietà di tutti?
Gigino non rispose. Sentiva che la mamma aveva ragioni da vendere.
- Andiamo, figliuolo, fai oggi quel che dovrai fare spesso, quando sarai diventato un uomo: sacrifica i tuoi gusti particolari a quelli della maggioranza e godi del piacere che con la tua condiscendenza puoi procurare agli altri.
Gigino non ebbe bisogno d'altre esortazioni per esser persuaso dei suoi torti. Strinse la mano della, mamma e le disse sorridendo:
- Sarò buono, buono, buono!
- Ecco il fiume, ecco il fiume! gridarono i ragazzi, e fecero per prender la rincorsa.
- Non qui, bambini, non qui! disse il babbo. Non vedete che questo luogo non è abbastanza quieto e appartato? Quelle lavandaie e quei renaioli che vanno e vengono non possono che fare impaurire i pesci.
- Come, babbo! O che, i pesci si accorgono di chi è sulla spiaggia?
- Sicuro, disse Gigino. Anche i pesci hanno gli occhi.
- E degli occhi bonissimi, riprese il babbo. E non solo ci vedono, ma odono ogni rumore: procurate dunque di parlare sottovoce, perchè ci siamo.
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