Domanda, domanda sempre spiegazione di quel che non sai o di quel che non intendi: Noi maestre vogliamo trattenerci con delle bambine, con de' ragazzi vivaci e svelti, non con dei pezzi di legno. Siamo intesi? Lo spero. Intanto vi farò sapere che l'Argene colle sue domande insistenti, mi ha dato occasione di far quattro chiacchiere sopra argomenti, i quali non potranno far a meno di stuzzicare anche la vostra curiosità. Mi rifarò dal più importante. Noi tutti, grandi e piccini, dotti e ignoranti, ricchi e poveri, adopriamo la carta. Il poeta ci scrive i suoi canti, lo scolaro le sue lezioni, il filosofo le sue dimostrazioni, l'ignorante i suoi spropositi, il ricco le sue rendite, il povero i suoi dolori: Voi tutti sapete che questa carta preziosa si fa con stracci di lino o di cotone: ma lo sapete, non già per averci pensato o riflettuto; bensì per averlo sentito dire a qualcuno o per averlo ripetuto cento volte a pappagallo. Il ripetere ciò che si sente dire non è imparare. Bisogna che l'apprendimento di certe verità ci costi un po' d'attenzione e spesso un po' di fatica. Non date retta a chi vi dice che i fanciulli possono studiare giocando: si educano così i pappagalli e le scimmie, non i bambini. Ma torniamo alla carta. Credete voi che la carta ci sia stata sempre? No, cari. La carta, come tante altre utili cose di cui oggi non sapremmo fare a meno, è una invenzione quasi moderna.
Gli antichi popoli d'Egitto si servivano, per imprimere la loro scrittura, delle fibre d'una pianta acquatica detta papyrus, papiro, da cui, forse, saranno derivate le voci francesi è inglesi papier e paper, che vogliono dir carta.
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Argene Egitto
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