La storia n'è chiara da molte tradizioni; precipuamente da quelle raccolte da Dionisio d'Alicarnasso, scrittore screditato giá da alcuni moderni, riposto in onore da parecchi contemporanei nostri. Egli distingue le migrazioni, le narra con particolari, ne cita e discute i fonti, le date; niuna critica sana lo può rigettare. - La prima invasione venne dunque intorno al 1600; approdò al seno de' peucezi, passò all'opposto degli enotri (genti sicule probabilmente), s'estese, salí su per la penisola fra altre genti sicule, itale, osche e tusche fino intorno a Rieti - La seconda scese alla bocca meridionale del Po, a Spina, vi stanziò in parte e fu distrutta, e parte penetrò fra gli umbri, gl'itali e i tusci a raggiungere i consanguinei. Allora lá intorno a Rieti (in quelle regioni dov'era stato probabilmente il centro degli itali, dove fu poi certamente quello della gran sollevazione italica contro ai romani, dove restano anche oggidí i nomi dell'"umbilico d'Italia", del "gran sasso d'Italia") fu il centro della potenza pelasgica. Di lá raggiarono, occupando e fortificando cittá e castella; lá abbondano anche oggi le rovine di lor mura militari, simili alle pelasgiche di Grecia nella costruzione e nel nome (argos, acros, arx). I siculi furono rigettati a raggiungere i consanguinei in Sicania o Sicilia; gl'itali, gli osci, i tusci, dispersi a' monti o soggiogati, come gli elleni nell'altra penisola.
6. Continua. - E come gli elleni, essi ricacciarono poi quegli stranieri. Perciocché l'ira degli dèi, dice Dionisio, l'ira del servaggio diremo noi, sollevò tutti i nostri popoli primari contra a questi secondari; l'unitá del servaggio li riuní in una impresa d'indipendenza, simile all'ellenica, prima dell'italiche.
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