Polibio, contemporaneo ed amico de' Scipioni, fu uno de' primi e piú grandi venuti di Grecia a ingentilir Roma. - Nella quale poi, come dapertutto, s'ingentilí la lingua poetica primamente: Livio Andronico uno schiavo greco, Nevio un campano, Ennio un magno-greco, Plauto un umbro, Terenzio schiavo cartaginese (tutti stranieri al Lazio) furono i primi poeti e scrittori latini dal 250 al 150 all'incirca. Romani si furono i primi prosatori e storici, Fabio Pittore e Catone il vecchio, di poco posteriori a' primi poeti. Seguirono nell'ultimo secolo, e i piú negli ultimi anni della repubblica, Lucrezio, Catullo ed altri poeti; Varrone, Sallustio, Cesare ed altri storici e prosatori vari; e principalmente, com'era naturale in quel governo libero, in quelle contese di libertá e di parti, molti uomini di Stato, giureconsulti ed oratori, gli Scevola, i Bruti, i Rufi, Ortensio, Cicerone; oltre poi tutti i grandi capi di parte, che nominammo dai Gracchi fino ad Augusto, i quali non poterono certo diventare tali, se non colla persuasione prima che coll'armi; colla persuasione, che sovente non è retorica, talora non filosofia né ragione né giustizia, ma sempre si deve dire "eloquenza". - Degno, e forse importante, è poi ad osservarsi, che mentre fiorivano tuttavia i piú e migliori di questi, giá erano nati ed educati Tito Livio, Cornelio Nipote, Orazio, Virgilio, Ovidio e tutti insomma gli aurei del secolo detto "aureo" al cader della repubblica. Figli dunque della repubblica, cresciuti nella viva atmosfera della libertá, si debbono dire tutti questi sommi latini, tutti questi splendori, che mal si sogliono chiamare del secolo d'Augusto.
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