E tutto un altro secolo durò, crebbe, soffrí questa societá religiosa che taluni osan chiamare setta filosofica o politica, ma che fu tutto all'opposto; non filosofica, posciaché, imponendo dommi e virtú asprissime alla natura umana, conquistò pure quelle moltitudini dove niuna filosofia riuscí mai a penetrare; e non politica nemmeno, posciaché appunto diventò moltitudine e pluralitá di cittadini, senza entrar una volta nelle contese, nelle congiure, ne' tumulti,
nelle turpitudini dell'imperio. Ed ora, siam per vedere l'imperatore farsi cristiano, senza un interesse che potesse muoverlo, se non di prendere l'opinione, la religione de' piú; e cristiano palesarsi a un tratto l'imperio tutto intiero. E quindi (benché non sia istituto mio di persuader nessuno, ma solamente, com'è ad ogni storico, di presentare gli eventi col carattere che vi vedo), quindi parmi dover notare, che tutta questa serie d'eventi naturalissimi non poté succedere se non sopranaturalmente, dico per intervenzione straordinaria, immediata, manifesta della Providenza divina. Sant'Agostino e Dante posero questo dilemma di che non s'esce: o la propagazione del cristianesimo innaturale in ogni etá, innaturalissima in quella della massima coltura antica, fu effetto de' miracoli che persuasero i neofiti; ovvero avvenne il miracolo maggiore, d'un fatto grandissimo adempiutosi contro a tutte le ragioni naturali, un effetto senza causa; e nell'un caso e nell'altro dunque, v'è miracolo, sopranaturalitá, intervenzione, rivelazione, religione divina.
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Providenza Agostino Dante
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