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      Uno che voglia operare, non dico come l'antico autore di sua famiglia, ma come l'avo di
      due o tre generazioni, è stolto e si fa risibile a guisa del famoso cavaliero. Cosí qualunque nazione. Noi fummo giá la prima in potenza tra le antiche, la prima in coltura tra le moderne; ma noi siamo (non voglio dire a qual grado) decaduti dall'uno e l'altro primato; e bisogna saperlo vedere. Perciocché tutti quei doveri, comuni a chiunque pretende a nobiltá, sono tanto piú stretti a chiunque si trovi in nobiltá decaduta. Nella quale, i vanti d'antichitá, i vanti della virtú degli avi, i vanti di pareggiarli, si fanno poi non solamente piú risibili ma fatali. La superbia può essere tollerabile quando si cerca ne' propri meriti, ma non quando si fruga tra gli avi. Per non essere degeneri bisogna saper essere decaduti. Per fare tutto quello che si può, bisogna non pretendere a quello che non si può. Di tutti i sogni che distraggono dalla realitá, i sogni del passato sono i pessimi, perché i piú impossibili ad effettuare; il futuro anche piú improbabile può succedere, ma il passato non succede mai piú. Uno dei grandi vantaggi delle nuove nazioni, come de' nuovi uomini, è quello di non poter impazzire del proprio passato, di esser tutto al presente e all'avvenire; e tal fu appunto Roma antica, tale è la nazione anglo-americana presente. Del resto, io mi vergogno di dimorar cosí a lungo su queste debolezze; ma elle furono quelle di tutti quanti i secoli che ci restano a percorrere; e sono d'oggi, dicevo io e pur troppo non m'ingannavo, quando scrivevo per la prima volta questa pagina; e guastano, in somma, i giudizi sulle nostre due storie antica e moderna, e sulla presente e la futura ancora.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





Roma Perciocché