Nel 1035, scoppia tra l'arcivescovo e i suoi valvassori di Milano una guerra grave, e molto notevole a far intendere le condizioni di quella societá feodale cosí diversa dalla nostra. Perciocché sembra ne sorgessero allora piú o meno delle simili in Italia, ed anche fuori, tra i vassalli grandi, o, come si diceano, "capitani seniori", o signori, e i valvassori piccoli o "iuniori". Era finito il secol d'oro di quelli, incominciava di questi; era un principio di quell'emancipazione delle classi inferiori dalle superiori che dura d'allora in poi. Combattessi in Milano, i piccoli valvassori n'usciron vinti: ma si fecer forti de' lor pari alla campagna; e tutti insieme alzarono una lega, un tumulto, che chiamossi "la Motta" (e voleva probabilmente dire "ammottinamento"), e andò allargandosi via via. Scende allora [fine 1036] Corrado a giudicar e compor questi nuovi turbamenti; e favorisce la Motta contra l'arcivescovo, i valvassori piccoli contro a' vassalli grandi. Era naturale, era séguito della politica imperiale, che vedemmo dividere i ducati in comitati; i comitati grandi in piccoli, od in giurisdizion del vescovo entro alla cittá e il "corpo santo", e comitato diventato rurale; o piuttosto è politica di tutti i grandissimi, che contro a' grandi innalzano i piccoli. E cosí Corrado tiene prima a bada Ariberto accorso in sua corte, e poscia in Pavia fa prender lui, e qua e lá altri vescovi. Ariberto ubbriaca, dicesi, i tedeschi che gli erano a guardia, e fugge a Milano. Vienvi a campo l'imperadore, e sfoga il dispetto contra terre e castella; e poi, rotto dall'arcivescovo e milanesi, si ritragge a Cremona, e poi a Parma, dove sorge la solita baruffa tra popolo e tedeschi.
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