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      All'incontro, altrove, tra l'altre nazioni europee, dov'erano principi nazionali e vicini, e cosí amati o temuti, i comuni e i popoli nuovamente sorti non pensarono mai a scioglier le monarchie, non pensavano ad altro se non anzi ad entrarvi essi, ad ottenervi lor parte di governo; e l'ottennero entrando ne' parlamenti antichi, facendovi uno stato terzo (talora anche un quarto) oltre ai due primi e fin allor soli. Ma questo stato terzo, o dei comuni, o del popolo, non poteva materialmente venire a sedervi intiero in que' parlamenti; fu forza mandarvi e farvi sedere deputati eletti, rappresentanti; e allora, e cosí fu fatta la grande invocazione della "rappresentanza", fu inventato quel governo "rappresentativo"; il quale, a mal grado tante incompiute e tante stolte e tante infelici prove recenti, non è possibile non dire il piú perfetto, il piú civile, il piú progredito, il piú progressivo fra tutti gli inventati o provati mai, il solo conforme alla civiltá presente e futura, il solo destinato a trionfarvi e farla trionfare. Né, per vero dire, fu perfetto nemmeno questo governo fin dalle origini, o progredí con passi costanti a sua perfezione. Anzi brancolò, fu negletto, si perdette quasi intieramente tra le nazioni continentali preoccupate di lor misere ed infeconde gare reciproche. Ma si serbò piú o meno sempre nella isolata e piú felice Britannia, vi resistette alle gare domestiche ed alle religiose, agli assalti dell'assolutismo, agli eccessi repubblicani, alle insidie delle restaurazioni, ai pericoli delle mutazioni dinastiche; e finalmente, dal 1688 in qua, da quella rivoluzione (che si chiama colá la "gloriosa", perché fu l'ultima) si venne per centosettant'anni, a poco a poco, con passi lenti ma continui e meditatissimi, a questa perfezione dove lo veggiamo.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





Britannia