In Italia Clemente V volle far il paciero; ma lontano, straniero, e da terra straniera non gli riuscí. La parte francese, guelfa esagerata, trionfò quasi dappertutto. In Toscana continuarono, s'accrebbero i neri; in Bologna prevalsero, cacciando i bianchi nel 1306. In Milano, dove, cacciati i Torriani da parecchi anni, avean signoreggiato i Visconti pendenti a ghibellini, erano stati cacciati questi fin dal 1302; e ne era seguíta una lega guelfa di molte cittá, lega non piú di nazionali contra stranieri, ma nazionali contra nazionali, caricatura anche questa di bei fatti antichi. Nei soli Scaligeri di Verona rimaneva qualche forza, qualche speranza, il primato della parte ghibellina, a cui i tedeschi non pensavano piú. Ché, morto Rodolfo nel 1292, e succedutogli a re de' romani Adolfo di Nassau, non iscese, non poté nulla in Italia. Né vi scese o poté Alberto d'Austria figliuolo di Rodolfo, che nel 1298 fu eletto contro Adolfo, e lo spogliò ed uccise in battaglia; e che fu quello poi contro a cui nel 1307 si sollevarono e si liberarono ammirabilmente gli svizzeri, come ognun sa. Ma ucciso costui da un suo parente a vendetta personale nel 1308, gli fu eletto a successore Arrigo VII di Lucemburgo; il quale, chiamato da' ghibellini, annunziò voler finalmente dopo sessant'anni far rivedere all'Italia una discesa imperiale. Ma, prima che l'effettuasse, morí Carlo II d'Angiò, e succedettegli Roberto suo figliuolo secondo [1309]. Il primo, Carlo Martello, l'amico di Dante, era morto da parecchi anni, lasciando un figliuolo, stipite degli Angioini d'Ungheria, i quali rivedremo in Italia.
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