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      21. Re Roberto d'Angị [1309-1343]. - La discesa d'Arrigo VII è quasi controprova di quanto osservammo ultimamente, prova soprattutto della corruzione di parte guelfa, della mancanza di unitá, di scopo in essa. Arrigo scendea con poca gente, poco danaro, non trovava parte ghibellina forte in nessun luogo, salvo Verona. Avrebbe potuto esser escluso facilmente; fu accettato, corteggiato da' guelfi poco men che da' ghibellini. Limiṭ, per vero dire, sue pretese (quanto diverso da' predecessori!) a stabilir vicari imperiali, e far ripatriar fuorusciti nelle cittá guelfe o ghibelline, quasi egualmente: e fu quasi dappertutto obbedito dove passava; disobbedito appena passato. La potenza imperiale era oramai un'ombra, un nome; ma ombra e nome era pure oramai parte guelfa contro agli stranieri, realitá solamente per proseguir le invidie, le vendette, gli sminuzzamenti d'Italia. Scese Arrigo in sul finir del 1310 pel Moncenisio; venne ad Asti, giunse a Milano, e vi ricevette la corona reale [1311]. Sollevossi il popolo; e, represso, ne rimaser ricacciati i Torriani, ritornati in potenza i Visconti, che non la perdettero piú. Sollevaronsi, ripacificaronsi parecchie cittá di Lombardia. Brescia sola, fin d'allora piú perdurante dell'altre, fu assediata e presa. Quindi Arrigo venne a Genova, l'antica guelfa, che gli si diede; a Pisa, l'antica ghibellina, che gli aperse le braccia; a Roma, dove fu incoronato in Laterano da' legati del papa [1312], mentre Vaticano era tenuto per Roberto di Napoli, capo naturale ma inoperoso dei guelfi.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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