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      Né si citi, all'incontro, l'assedio di Firenze, od altre simili fazioni; sono lampi, eccezioni; e il vero spirito militare è abitudine. E il peggio fu quando, perduta questa, vennero meno (com'era naturale nella civiltá progredita) le compagnie che v'aveano, malamente, pur supplito. Allora non rimase piú nulla di veramente militare nelle evirate province d'Italia, o meno in quelle piú anticamente disavvezze; non ne rimase piú se non in Piemonte. Il quale lo deve a' principi suoi, che lo salvarono dall'armi pagate, dalle compagnie di ventura; capitani, venturieri essi stessi in que' secoli, cavalieri prima, generali dopo, militari sempre, di razza, secondo i tempi. Ma se lo tolgano di mente gl'italiani, i quali volgon gli occhi bramosi a questo Piemonte, a questi principi: la prova fu fatta; non importa se bene o male, anche fatta meglio, non riescirá, non può riuscire, se fatta da questi soli, se non secondata da tutte, o poco meno, le province italiane, in qualunque modo, ma proporzionatamente al pro rata. Io son per dir cosa che parrá bestemmia a taluni: ma bisogna pur che sia detta da alcuno. Non solamente quelle idee che tanto si vantano, ma le stesse virtú politiche, ma la stessa concordia sono un nulla a petto della virtú militare, per il nostro patrio avvenire. Sia un'Italia concorde e ricca di quante idee e virtú politiche, ma povera di braccia militari, ella rimarrá ciò che è: sia un'Italia anche discorde, e senza altra idea o virtú che di sapere andare e stare sui campi di battaglia militarmente, ed ella sará indipendente.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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