Dogava dal 1423, cioè dall'epoca delle ambizioni, delle conquiste, delle glorie di sua patria, Francesco Foscari, il piú glorioso principe che Venezia avesse avuto da Enrico Dandolo in qua. Eppure, fin dal 1445 gli era stato perseguitato, torturato, esiliato il figlio Iacopo, accusato da un vil fuoruscito fiorentino d'aver toccato danari dal Visconti. E fu riaccusato di assassinio, ritorturato, riesiliato cinque anni appresso. E fu accusato, torturato una terza volta per una lettera di lui al duca di Milano; scritta apposta, disse il miserando giovane, per essere cosí ricondotto dall'esilio, e ricomprare con quelle torture l'invincibil brama di riabbracciar i parenti
decrepiti, la dolce moglie, i figliuoli. E per la terza volta fu ricacciato, e morí lontano. Quindici mesi appresso, il vecchio glorioso, ma certo rimbambito, posciaché soffrí di regnare dopo tutto ciò, fu deposto; e al sonar della campana grossa che annunciava l'incoronazione del successore, morí di dolor d'ambizione colui che non avea saputo morire di dolor di padre [1457]. Che libertá, che repubbliche, che aristocrazie! - Con gloria piú incolume, morí [1458] Alfonso il magnanimo. Benché signor di altri regni in Ispagna, non avea piú lasciato quello delle Due Sicilie da trentott'anni; v'avea combattuto a lungo, l'avea pacificato, ordinato, fatto riposare e risplender d'arti e di lettere; e compié i suoi benefizi a' sudditi napoletani, lasciando i regni spagnuoli e Sicilia a Giovanni suo fratello, ma Napoli distaccato, a Ferdinando suo figliuolo naturale.
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