Tre ne furono nel solo 1476, l'anno millenario della distruzione dell'imperio antico. Quanto lenta ancora era progredita la civiltá! Una di quelle tre fu in Genova, di un Gerolamo Gentile che volle liberarla dal giogo milanese, e riuscí ad impadronirsi delle porte, poi soggiacque. Un'altra in Ferrara (testé dal papa innalzata a ducato in favor degli Estensi giá duchi di Modena), dove Niccolò d'Este s'intromise con una mano di fanti per cacciare il duca Ercole, e soggiacque, e fu decapitato egli, impiccati venticinque compagni. Finalmente, una in Milano, dove tiranneggiava Galeazzo tra le crudeltá e le libidini, da dieci anni. E contro tal tirannia doveva riuscire e riuscí la congiura; ma a danno de' congiurati, non men che del tiranno, a danno forse della cittá patria, e certo poi della intiera patria italiana. Tre giovani, un Olgiati, un Visconti ed un Lampugnani, giustamente adirati della tirannia, stoltamente istigati, dicesi, da un Cola Montano letterato e filosofo all'antica, s'esercitarono alla milizia, si confortarono alla religione, e tradiron l'una e l'altra esercitandosi al pugnale. Poi, addí 26 dicembre 1476, aspettarono il tiranno nella chiesa di Santo Stefano, e com'ei s'avanzava tra due ambasciadori, se gli appressarono, e lo trafissero. Furono fatti a pezzi lí dalle guardie, Lampugnani, inceppatosi tra i panni delle donne inginocchiate, e pochi passi discosto, il Visconti. N'uscí solo l'Olgiati a gridar libertá; ma non fu ascoltato da nessuno, fu rigettato da suo padre stesso, si nascose, fu scoperto, imprigionato, scrisse sua confessione, e morí straziato e vantando il proprio fatto.
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