E la libertá ecclesiastica facendo sorgere ogni zelo ecclesiastico, fece moltiplicar que' templi, quelle chiese di che giá accennammo le due prime di Venezia e Pisa, e che tutte furono poi veri musei d'antichitá e scuole a tutte l'arti italiane. Poi la libertá comunale, dico la primissima, informe, de' consoli del 1100, non poté essere né un anno o un dí senza aver bisogno, in ogni cittá o terra italiana, di oratori, uomini di Stato, capi di nobili, capi popolo, capi parte, piccolissimi terricciolai quanto si voglia, ma pur oratori ed uomini politici, i quali ebber bisogno di parlare e persuadere in qualunque lingua parlassero, latino, volgar lombardo, volgar toscano, o romanesco, o napoletano, o siciliano, o piemontese; e cosí nacque di necessitá un'arte, non artifiziata ma naturale, oratoria. Quindi dal mescolarsi quegli interessi e quegli uomini in tutta la penisola nasceva fin d'allora, fin dal principio del secolo decimosecondo senza dubbio, il bisogno d'una lingua comune o italiana; e cosí nasceva quella di che trattò Dante centocinquanta o duecento anni appresso come di lingua giá antica, quella che crebbe di necessitá in que' mostri di assemblee, che dicemmo simili alle moderne d'Irlanda. Quindi cresciute le ambizioni, le emulazioni di cittá, crebbero in ciascuna i bisogni di forti mura; e cosí nacque quell'architettura militare, che è piú antica forse tra noi che non si suol dire anche da' piú esagerati esaltatori dei nostri primati. E quindi l'altre emulazioni, il volere ogni cittá piú bei templi che le vicine, ed ogni nobile un piú bel palazzo che i concittadini, e i nobili popolani piú che gli antichi, e via via.
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