Ed in Pisa parimente sorsero nel 1152 il battistero, opera di Diotisalvi da Siena o Pisa; e nel 1174 la bella torre, vero museo di colonnette e ruderi antichi, opera di Bonanno e Tommaso da Pisa; ondeché si vede che Pisa fu la vera culla dell'architettura, ed anzi di tutta l'arte italiana. Perciocché questi, ed altri minori, e Andrea pisano maggior di tutti, che operò in tutta Italia [-1280] e si riaccostò agli antichi nell'arca di san Domenico, quasi tutti furono scultori non meno che architetti; e finalmente, un cencinquanta anni dopo l'architettura, un settanta o ottanta dopo la scultura, nacque pure, cioè si staccò dalla greca, la pittura italiana, per opera di Giunta pisano, Guido da Siena, Margaritone d'Arezzo e Cimabue fiorentino [-1300]. Evidentemente, l'arte italiana incominciò dal duomo di Pisa e Buschetto al principio del secolo decimosecondo; ed in Pisa primeggiò d'ogni maniera per tutto un primo periodo, presso a due secoli, fino a Cimabue e Giotto; dai quali non incominciò se non il periodo secondo di lei, il periodo fiorentino.
34. Coltura del terzo periodo, o secolo di Dante, da Carlo d'Angiò al ritorno dei papi [1268-1377]. - Questo poi fu certamente uno de' periodi di qualunque nazione, in cui sieno mai progredite piú a un tratto ed insieme tutte le colture. E Dante fu uno degli uomini che sieno mai progrediti piú sopra i propri contemporanei. Nato nel 1265, l'anno della calata di Carlo d'Angiò, cresciuto, educato tra i trionfi della libertá fiorentina e della parte nazionale, e insieme in sull'aurora del poetare italiano, in tempi dunque d'ogni maniera propizi allo svolgersi di suo grande ingegno; preso di gentile e puro amore fin dall'adolescenza, infelice in esso fin dalla gioventú, provata poesia, ideato e lasciato il poema giovanile, provata la vita pubblica, e respinto da essa e di sua cittá per quella moderazione di opinioni, per quell'ardenza nel proseguirle che tutti gli animi un po' distinti sentono, che i volgari di qua e di lá, di su e di giú non capiscono e non perdonano; si rivolse, esulando, allo scrivere, all'idea giovanile, a quel poema di religione, di filosofia, di politica e di amore, il quale, simile nella forma a parecchi contemporanei, supera forse in sublimitá e vigor di pensieri, agguaglia per certo in tenerezza e splendor di poesia ed in proprietá di espressioni i piú belli delle piú colte etá antiche o moderne; ed in tale opera, e nell'esiglio, perseverò poi vent'anni fino alla morte [1321]. Noi non celammo l'error politico di Dante, che fu di lasciare la propria parte buona e nazionale perché si guastava in esagerata, straniera e sciocca, di rivolgersi per ira alla parte contraria ed essenzialmente straniera; ed aggiungeremo qui ch'ei pose il colmo a tale errore, protestando di continuar nella moderazione, affettando comune disprezzo alle due parti, mentre rivolgevasi a propugnare l'imperio, e nel poema, e in quel suo libro, del resto mediocre, Della monarchia.
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