- Petrarca [1304-1374] ha parecchi grandi meriti senza dubbio: quello d'essere sommo tra quanti poetarono d'amore in tutte le lingue romanze; quello d'aver cantato d'Italia nobilissimamente e forse piú giustamente, piú per l'indipendenza, che non Dante stesso; e quello poi di essere stato non primo (ché fu preceduto almeno da san Tommaso), ma uno de' primi e piú efficaci cercatori e restauratori degli antichi scrittori greci e latini. Ma quanto alla poesia amorosa, romanza o lirica, è a considerare, che non solo ella fu una sola parte, quasi uno squarcio dell'ingegno di Dante, da lui negletto per salir piú
su; ma (ed importa molto piú) che questo bello e facil genere non sale, non può riuscire a grandezza mai, non sopratutto innalzare o temprare una lingua, una letteratura, una nazione; tantoché ne restarono forse stemprate le stesse poesie nazionali di Petrarca, ne restò stemprato per certo l'ingegno di lui, il quale fece pochissime di tali poesie, e non seppe darci un canzoniere nazionale o popolare, come Dante ci avea dato un poema; tantoché sorse quindi una serie, una folla d'imitatori i piú fiacchi e piú noiosi che siena stati mai. Del resto, Petrarca portò il segno della sua inferioritá a Dante, invidiollo; e si vede (senza scendere agli aneddoti) da ciò, che nei Trionfi d'Amore e della Fama non seppe trovar luogo al piú amoroso e famoso de' suoi contemporanei. Petrarca fu un gran letterato e nulla piú; non ha quella gloria che sola può innalzar gli scrittori alla dignitá degli altri servitori della patria, quella d'aver servito a migliorarla.
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