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      Gran disordine dunque, ma grande affettazione d'ordine, o almeno di governo, smania di regolar tutto, di far sentire l'autoritá straniera; onde non solamente severitá ma crudeltá. Ed io dimenticava che in Napoli e Sicilia erano pure resti di Stati generali antichi, assemblee rappresentative o deliberative; ma rappresentavano popoli domati, stanchi, senza volontá, deliberavano a' cenni del signor lontano, de' viceré presenti, eran nulla. Non eran sorti gli esempi che fanno cosí importanti queste assemblee a' nostri dí; dovunque rimanevano elle, fuori come addentro Italia, il principe le distruggeva o serbava o dimenticava, a piacer suo, del paro innocue, con pari facilitá. In somma, a que' tempi non era sorta, non era quasi possibile l'arte di governar province straniere e lontane senza tiranneggiarle, e si tiranneggiavano. Né contro a' turchi, quantunque soli nemici stranieri che rimanessero, si poteva o si sapea difenderle. Il Mediterraneo, non piú lago italiano, avrebbe dovuto essere spagnuolo; era turco-spagnuolo. Una sola volta Spagna si destò al dovere di non lasciarlo diventar tutto turco; e fatta una lega co' veneziani e il papa e il duca di Savoia, allestirono una grande armata sotto agli ordini di don Giovanni d'Austria figlio naturale di Carlo V, il quale die' una gran rotta ai turchi a Lepanto nel 1571. Ma fosse gelosia di Filippo II contro al fratello, o mollezza e incapacitá spagnuola o italiana o universale, non si proseguí la vittoria, si sciolse la lega, si lasciarono soli i veneziani contro a' turchi, al solito.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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