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      E comparisce allora primo, o de' primi, Garcilazo de la Vega gentilissimo poeta, tutto imitatore, ma non servile, del Petrarca e de' nostri bucolici del Quattrocento. E seguiron via via altri pur tali, che non nomineremo, per non rifare senza necessitá di quegli elenchi, co' quali lo scrittore scontenta sempre tutti i leggitori; gli eruditi, che li trovano mancanti; gli altri, che li trovano sempre soprabbondanti di nomi illustri. Noteremo bensí che la poesia spagnuola si staccò dalla nostra, e superolla di gran lunga sul teatro; dove, tra molti altri, fiorirono Lope de Vega e Calderon, superiori a tutti i contemporanei, salvo l'inglese Shakespeare. Ma di nuovo procedettero da noi e da' classici latini risuscitati da noi, i prosatori spagnuoli, gli storici principalmente, primo e principale Mariana, che diede, fin dal secolo decimosesto, a sua patria ciò che non abbiam dato ancora alla nostra, una storia nazionale. All'incontro, pur si staccarono da noi i novellatori spagnuoli, e sommo fra essi, tra i sommi di dappertutto, Cervantes, lo scrittore del Don Chisciotte. In altri generi di prosa non fecer gran frutto; era naturale, non son frutti da colture serve, o peggio da tiranneggiate. E poco fecero in filosofia spirituale; nulla (tralasciando sempre le glorie ignote scoperte da' frugatori), nulla in filosofia materiale. Ma fecer molto piú che niun popolo non italiano, in arti. Qui piú che in null'altro vedonsi gemelli i due popoli meridionali. Come tutti, gli spagnuoli preser lor arti dalle nostre; ma le preser primi, e vi furono sommi dopo noi, incontrastabilmente secondi.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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