In istoria, sono forse men parolai, meno retori che i loro predecessori, ma meno eleganti e men profondi, fra Paolo Sarpi [1552-1623], Davila [1576-1631], Bentivoglio [1579-1644], Pallavicini [1607-1667]; ed all'incontro, parolaio e fiorito oltre alle convenienze storiche, seicentista insomma, mi sembra il Bartoli [1608-1685]. Il Boccalini [1556-1613], scrittor politico, è da onorar senza dubbio, per essersi rivolto contro agli spagnuoli, tiranni d'Italia; ma vi si rivolse con leggerezza forse soverchia per argomento cosí grave ed affliggente. Meglio il Paruta [1540-1598] e il Botero [1540-1617]; scrittori seri e per il tempo virtuosi, ma non abbastanza grandi per farsi leggere, passati i tempi per cui scrissero, non abbastanza efficaci per aver lasciato effetto nella patria. E quindi resta forse superiore ad essi il Gravina [1664-1718], gran giureconsulto. - Lo Scamozzi [1552-1616], il Dati [1619-1676], il Baldinucci [1624-1696], scrittori d'arti, non arrivano all'autoritá ed all'efficacia de' primi cinquecentisti, e massime non a quelle di Leonardo e Vasari; ma occupati nelle cose loro piú che nelle parole, si tenner puri almeno dalle affettazioni. E cosí Montecuccoli, gran capitano ed ottimo scrittore dell'arte e delle azioni proprie [1608-1681]. - Del resto, non lasceremo quelle lettere del Seicento, e quel vizio d'affettazione che appunto si chiama da noi "seicentismo", senza notare: che esso fu, per vero dire, delle lettere italiane piú che delle straniere contemporanee, in generale; ma che nemmeno queste non ne andarono scevre, sia che il prendessero da noi, imitando insieme colle vecchie virtú nostre anche i nostri vizi nuovi, sia che all'incontro noi maestri prendessimo questo brutto vizio da' nostri primi scolari, gli spagnuoli.
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