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      E quindi può essere fortuna che sorgano, od anche arte de' principi e governanti lasciare o far che sorgano in mezzo alle paci prolungate, quelle operositá, quegli esercizi od anche quelle difficoltá, le quali, senza porre gli Stati a pericoli invincibili, tengano pure esercitate le generazioni novelle ai casi futuri. E ciò sentirono forse, per vero dire, i governi italiani di cent'anni fa; tantoché, anche senza aver chiara quell'idea, senza pronunciare quella parola di "progresso", che sorsero solamente al fine di quel secolo e si sono fatti ora universali, tutti operarono e progredirono piú o meno, indubitabilmente. Ma non è dubbio nemmeno, e i fatti posteriori lo dimostran pur troppo, che que' governi nostri non operarono, non progredirono abbastanza; che la generazione della fine del secolo si trovò oziosa, languida, insufficiente a' nuovi casi. Innegabile insegnamento, incancellabile, irremovibile esempio a que' posteri dei settecentisti, che operano e progrediscono ora non piú che come quelli, o men che quelli. La lentezza, l'andar a poco a poco, sta bene; è prudenza, è virtú non contrastata. Ma qui sta tutta la questione; vedere il punto giusto fino al quale è virtú, oltre al quale è vizio, è paura. E come di noi giudicheranno i posteri dai fatti nostri, cosí noi, giudicando degli avi dai fatti loro, non possiamo se non conchiudere: che quelli non apparecchiarono questi bastantemente. - Napoli fu quella che progredí piú nel secolo decimottavo; il passare da provincia straniera a Stato indipendente, fu progresso incomparabile per sé, e fonte poi di altri innumerevoli.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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