Se mi fosse possibile schivar questo assunto, io lo schiverei, per non iscostarmi qui da molti miei consenzienti ed amici, e non parer accostarmi a coloro dai quali io dissento quasi generalmente. Ma io sacrificai testé affetti e riconoscenze molto piú strette; e sacrificherò queste, se mai, al dovere storico, di non omettere nella narrazione assunta ciò che, bene o male, degno o risibile, fu pure l'affare che piú occupò l'Italia, la cristianitá in questi anni; ed al dovere conseguente di dirne ciò che credo veritá, ciò che, cessati gli interessi, le parti, le passioni presenti, non parrá forse indegno del nome di "liberalitá", ciò che sará forse liberalitá de' nostri posteri. Io dissi giá la bella idea di sant'Ignazio, la bella istituzione de' gesuiti, fatta per servire alla propagazione della cristianitá tra gli infedeli, alla difesa della cattolicitá contro a' nuovi dissenzienti. E fecero i gesuiti l'opera prima magnificamente sempre intorno al globo, la seconda con grande operositá ed utilitá da principio. Ma in questa io crederei che si guastassero prontamente: che portati dal loro zelo ne' paesi tiranneggiati dai dissenzienti, v'imparasser troppe arti di nascondersi, di dissimulare o simulare; troppo ardore, troppa fiducia in sé, troppa ostinazione nella lor parte, indubitalmente buona nel suo scopo cattolico, ma soggetta a errori, come ogni umana cosa, ne' mezzi, nelle applicazioni. Un cinquanta anni e non piú, giá il notammo, durò il trionfo, l'ampliarsi della Riforma; ed un cinquant'anni cosí la bella guerra difensiva dei gesuiti in Europa.
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