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      - Succedette Pio VI [Braschi, 1774], e libero esso della preoccupazione de' gesuiti, attese al miglioramento dello Stato. Ma, e per quell'indugio, e per la duplice natura di quel governo spirituale, ed in ciò immutevole, e temporale, e per quella compagnia poco mutevole, ed anche poi per natura personale di Pio VI, che fu ne' suoi principi papa nepotista, protettor di lettere ed arti, splendido, elegante, pomposo e quasi imitator de' papi del Cinquecento; per tutto ciò le riforme dello Stato romano furono molto minori, che non quelle degli altri d'Italia. Fece musei, intraprese il risanamento delle paludi Pontine, fece un viaggio a Vienna, per iscemar l'ardore delle riforme, eccedente lá quanto facevasi da' principi italiani. Ed interrotto poi dalle preoccupazioni delle rivoluzioni di Francia e Italia (nelle quali il vedrem finire non senza grandezza), tramandò cresciute poi a' successori, anche presenti, le difficoltá e necessitá delle riforme di quello Stato. Noi lasciam altri (dicevam noi al principio del 1
      846) invocare un Gregorio VII, che non ci par né possibile né desiderabile a' nostri dí, né a niuno futuro e prevedibile, sulla Sedia romana; ma con tutto l'ardore d'un figliuolo rispettoso e devoto, d'un italiano che desidera la conservazione di tutti i principati italiani, noi invochiamo, noi preghiamo da Dio la grazia d'un Sisto V o d'un Gregorio XIII, od anche meglio; d'un riordinatore conforme ai tempi, di quello che è il piú antico, che fu giá il piú glorioso, che fu e può esser ancora il piú benemerito della civiltá cristiana fra gli Stati italiani.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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