Ricominciò la guerra. Era la quarta fatta, e sempre infelicemente da quella potenza contra Napoleone generale, primo consolo e imperatore. Vergogna militare, ma gloria politica di quel governo cosí sovente sconfitto, cosí perdurante sempre. In aprile 1809, gli eserciti austriaci invasero a un tratto Baviera in mezzo, il nuovo granducato di Varsavia a settentrione, Italia a mezzodí dall'Isonzo. Napoleone accorse da Spagna a Parigi, al Reno, a Germania. E su quel campo a lui giá noto, con operazioni piú grandi ma simili (tanto quel sommo inventor di guerre sapeva obbedire al costante imperio del terreno!) ruppe, sbaragliò, vinse l'esercito nemico dell'arciduca Carlo in vari combattimenti e in uno grande ad Eckmüll [22 aprile]; e passò l'Inn [26], e prese Vienna [13 maggio]. E intanto l'armata d'Italia, piú che mai grossa d'italiani misti con francesi, e capitanata questa volta da Eugenio Beauharnais figlio adottivo di Napoleone, viceré e dichiarato erede del regno d'Italia, indietreggiava dapprima dall'Isonzo fin presso all'Adige; ma si fermava a Caldiero, ed ivi, dove avea vinto poc'anni innanzi, rivinse ora [29 aprile]. Quindi riavanzando avea passato, combattendo, Brenta, Piave, Tagliamento, Isonzo; presa Trieste [17 maggio], passate l'Alpi, dato mano al grande esercito francese, e poi vinta da sé una bella e gran battaglia a Raab [14 giugno]. Quindi si vede, quanto sia pur vero che vi fosser consolazioni alla servitú di que' tempi. E allora e poi non poche divisioni italiane, non pochi capitani nostri s'illustrarono nelle guerre di Spagna: ma questi combatteron per far compagna nella servitú una generosa nazione; e perciò non contiamo tali glorie come fortune.
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