Giá vedemmo che nel secolo decimosesto e nel decimosettimo la coltura italiana si comunicò, si diffuse nelle tre colture, spagnuola, francese, inglese: e fin dal principio del secolo decimottavo incominciarono tutte queste a rifluire sull'Italia. Ed influí poi, benché piú tardi e meno, la coltura tedesca, non sorta essa se non molto indirettamente e parzialmente dall'italiana, non sorta se non alla metá di questo secolo decimottavo, con Lessing, Moeser, Winckelman, Eulero, Kant, Wieland, Goethe, Schiller. L'unitá della coltura cristiana si mantenne dunque, si manterrebbe anche senza la stampa; ma, sorto, come pur volle Iddio, questo potentissimo, questo umanamente invincibile mezzo di unitá, ella s'unificò e s'unifica sempre piú, quanto piú venne e viene allargandosi e moltiplicandosi questo mezzo. Ancora, venne e viene aggiungendosene un altro: la facilitá, la moltiplicitá de' viaggi tra l'una e l'altra nazione cristiana, dell'orbe intiero. Stampa e viaggi crebbero notevolissimamente nel secolo scorso; stampa e viaggi crescono incomparabilmente a' nostri dí. Quanto poi all'Italia del secolo decimottavo, si vede da tutte le memorie, che dal principio di esso e lungo esso s'accrebbe via via l'andare e venire di stranieri colti in Italia, e massime di colti italiani al di fuori; e che lo splendore delle colture nostre crebbe via via nella medesima proporzione. E quindi non ci sará giá possibile notare separatamente tutti i nostri uomini di lettere o di scienze che vissero piú o meno fuor d'Italia; perciocché sarebbe poco men che notare tutti quelli che avremo a nominare.
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