Ed allor tentò, allora incominciò a risorgere Italia; e si riformò, migliorò, progredí incontrastabilmente, benché non abbastanza pur troppo; non nell'essenza dei principati italiani, che rinnovaron tutto salvo se stessi; non nell'indipendenza, che rimase incompiuta. E cosí, mal apparecchiata all'impreveduta occasione dell'invasione francese (come giá a quella di Carlo VIII, di Carlo d'Angiò, di Federigo I e tante altre), si trovò la lenta Italia del 1792. E come disapparecchiata, lasciò i piemontesi combattere e succombere soli nel 1796, e si divise in parti di regii e repubblicani, di francesi ed austriaci per diciott'anni; lungo i quali caddero le ultime repubbliche del medio evo, caddero, si restaurarono, ricaddero e si restauraron di nuovo i principati; e si finí collo stabilimento raddoppiato, contiguo, piú sodo, piú forte che mai, almeno in apparenza, del regno lombardo-veneto, dal Ticino all'Adriatico. Né sia per nulla, poi, che abbiamo cosí ristretto a poche pagine questo giá tanto, e forse troppo, breve sommario de' fatti nostri. Sappiamo restringerli anche piú nella mente nostra, sappiamo veder d'uno sguardo le nostre sette etá, e discernere fra esse tre belle, grandi, gloriose e virtuose, quelle dei tirreni ed altri popoli primitivi, della repubblica romana e dei comuni; ed all'incontro, quattro brutte, dappoco, corrotte e miserande d'ogni maniera, quelle dell'imperio romano, de' barbari, degli imperatori e re stranieri, e, quantunque meno, essa pure quella delle preponderanze straniere.
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