Io non so. So che poterono piú le polizie e controsette; so che il moto italiano si ridusse a scoppi e sollevamenti piccoli qua e lá, in Romagna, nelle Marche, a Roma, quetati in parte dal principotto di Modena e dal nuovo papa Gregorio XVI, spenti da un'invasione austriaca giá terza in quelle province, e da una prima francese. Furono male spenti, è vero; il fuoco uscí dalle ceneri in fiammelle nel 1833 in Modena e Piemonte, ma, a spegnerle di nuovo e piú durevolmente, bastarono colá poca truppa austriaca, qua la polizia del paese; seguita poi l'una e l'altra di piú numerosi supplizi che non si fosser usati fin allora. E questo fu il culmine, o piuttosto il piú bassofondo di quella guerra, quella politica, quella storia sotterranea; fu l'epoca della maggior divisione tra governanti e governati italiani. Invece della quale, invece di stabilirla da principio ed accrescerla sempre piú con orrori avvicendati, se avessero saputo i governanti accostarsi ai popoli con riforme liberali; ovvero i governati ai governi, per suggerire, insistere alle riforme ed aiutandovi con mettervisi essi, non è, non può rimaner dubbio che que' venti anni sciagurati, invece di essere di peggioramento, sarebbero stati di un miglioramento, di un principio ed aiuto qualunque a ciò che seguí.
41. Continua [1833-1843]. - E la maggior prova di ciò risulta appunto da quanto seguí. Il paese d'Italia piú importante senza contrasto in Italia fu fin dal 1814 il Piemonte. L'Italia non è da rimproverare di non aver ciò veduto; è piuttosto d'averlo veduto troppo, di aver fidato nel Piemonte solo, non ciascuno pure in sé; non solamente tutti i forti sperarono in lui, ma tutti i fiacchi si riposarono in lui, e quasi tutte le mene de' cattivi si volsero a lui.
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