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      Lo dicemmo; il 1833 fu l'anno piú basso, piú oscuro di tutto questo periodo. D'allora in poi, piú o meno prontamente si risalí, si rischiarò il cielo d'Italia. Gli storici distesi accenneranno essi piú esattamente i fatti, i principi, le continuate opposizioni, le nuove titubanze, le fermate, i ritorni indietro, la vittoria ultima dell'opinione liberale, progressiva, giusta, naturale al secolo, alla civiltá cristiana, ai decreti evidenti della provvidenza. Io accennerò solamente quello che mi pare primo principio, e, se non causa, occasione, mezzo usato da Dio, in tutto ciò. Carlo Alberto fu negli ultimi anni suoi sinceramente pio, intimamente, forse scrupolosamente coscienzioso. Ed io credo che la sua coscienza primieramente liberale si sollevasse contro agli stessi atti suoi del 1833, fosse l'origine di quell'austeritá de' suoi atti, di sue parole, di tutti i suoi modi, di tutta sua vita, che incominciò appunto negli anni che seguirono l'origine del suo fermarsi nella via antiliberale, del chiamar uomini meno estremi, massimamente in fatto di persecuzioni e polizia, del suo camminar piú fermo nelle riforme. Fecene molte d'allora in poi; il suo Stato era rimasto il piú retrogrado tra gli italiani; fecene il piú progredito, il meglio ordinato. Riformò tutta la legislazione civile, e ridussela in codici; riordinò, ampliò la magistratura; ordinò le opere pie, le finanze dello Stato, che furono le piú fiorenti d'Europa; e con cura speciale l'esercito; protesse le lettere, le arti, le scienze, le societá d'agricoltura, le accademie, le universitá, i congressi.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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