Quattro grandi desidèri politici, o, se cosí si vogliano chiamare, idee, scoppiarono insieme qua e lá in Europa, la sconvolsero in quell'anno. 1° Il desiderio della democrazia assoluta, esclusiva, sotto i due nomi poco diversi di "comunismo" e "socialismo". 2° Il desiderio della libertá rappresentativa. 3° Il desiderio delle indipendenze nazionali. 4° Il desiderio delle cosí dette unitá delle nazioni, o riduzioni di esse a un governo solo o centrale. La rivoluzione francese di quell'anno fu prodotta non piú che dal primo e piú stolto di questi desidèri; la germanica, dal quarto e piú vano di essi; l'italiana sola fu l'effetto di quei due che non si debbono dir solamente piú legittimi e piú santi di que' desidèri o sentimenti, ma principi imperituri dell'esistenza d'ogni nazione civile, i due sentimenti, desidèri, o passioni o principi, della libertá e dell'indipendenza. Sventuratamente l'Italia ebbe a propugnare i due insieme, e sventuratissimamente (dando retta di nuovo a consiglieri scartati negli ultimi anni) ella v'aggiunse il vano desiderio dell'unitá, o sogno settario. Chi vuol arrivare, non può avere che uno scopo solo; due, o peggio tre vie, sono impossibili a seguire. La mente umana non è infinita, anzi è misera; piú misera la mente di un popolo, dov'è la difficoltá di riunir tante menti in una. Napoleone stesso, una delle meno misere fra le menti umane, e mente unica assoluta d'una gran nazione, si vantava di non far mai che una cosa alla volta. Finché l'Italia fará imprese di due o tre scopi alla volta, ella le perderá sempre, quand'anche avesse occasioni piú belle che non quella del '48, che è difficile, e quand'anche avesse a capo un Napoleone, che non è possibile, senza quell'unitá, la quale non si può (quando si dovesse) cercare senza l'indipendenza; la quale appunto si tratta d'aver prima ed anzi sola.
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