Credette comporle con questo mezzo termine: proporre al voto universale la fusione (parola nuova o male applicata e che rimane infausta) di Lombardia a Piemonte, con questo patto orgoglioso che del nome, delle memorie, delle leggi, dello statuto stesso del vecchio e or ora rinnovato Piemonte non rimanesse, salvo la casa di Savoia, nulla di conservato se non sancito e rifatto da una Costituente lombardo-piemontese. E Piemonte, re, Camere, principi, ministri, grandi, popolani, intendenti o non intendenti, ripugnanti o non ripugnanti a quello stoltissimo fra gli errori di qualunque rivoluzione incipiente, tutti s'affrettarono d'accettare, per non turbare la guerra d'indipendenza, dico dell'indipendenza non piemontese, ma lombarda. E nota che tutto ciò si faceva a mezzo maggio, tra le due vittorie piemontesi di Pastrengo e Goito. - Non dico altro. Nemmeno le condizioni aggiunte, la coda di quella fusione parimente imposta, parimente accettata. A petto di questo furon nulla tutti gli altri errori d'allora, quello stesso errore del governo di rifiutar l'offerta fatta dallo Schnitzer, inviato austriaco, di lasciar libera Lombardia fino all'Adige; questo almeno si potrá scusare per la prudenza, o almeno per il non dividersi dalla compagna Venezia. L'errore sconoscente della Costituente non fu superato se non dalla piú sconoscente infamia della giornata del 5 agosto, che termina la breve e fatal serie dei fatti di Lombardia libera, ricomincia quella dei suoi dolori. Rispettiamoli e passiamo.
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