Tutto, dunque, farebbe supporre che al Balbo, dare all'Italia quella storia, che egli vagheggiava, fosse per riuscire impresa piana e agevole. Eppure pochi libri sono costati tanto aspra e tormentosa fatica, quanto quest'aureo Sommario, che ora si ripubblica; scritto, è vero, in poco piú d'un mese, ma pensato e ripensato per trent'anni: trent'anni di lotta, trent'anni di conati, trent'anni di delusioni(10).
Mille volte parve all'autore, durante cosí lunga incubazione, d'aver trovata la sua strada; e con gioia si poneva a tavolino, sperando di potersi liberare una buona volta da quel peso, che tanto l'opprimeva. Illusione! la via era cosí poco trovata, che primaquestione, che gli si presentasse alla mente, era proprio quella che si poteva rimandare all'ultimo luogo; la questione, cioè, del titolo da dare al proprio lavoro. Ne adottava uno; e poi, non contento, lo mutava; e poi lo rimutava ancora una terza, una quarta, una decima, una ventesima volta(11); fintanto che, sbollito, in codesto sterile e quasi pedantesco tormentarsi, l'entusiasmo e inaridita la vena, gli occorreva deporre, con gesto addolorato ma rassegnato, la penna, augurandosi di poterla riprendere in piú favorevoli circostanze.
E la riprendeva, e aveva anche la forza d'imporre a se stesso di non occuparsi, provvisoriamente, di quella questione preliminare, intorno a cui credeva suo debito cotanto travagliarsi. Ma il luogo di questa veniva preso da un'altra, che, nel modo in cui il Balbo se la proponeva e voleva risolverla, riusciva non meno oziosa e insolubile: la questione delle parti onde doveva constare il suo lavoro, ossia dei periodi principali e secondari, in cui bisognava dividere e suddividere la storia d'Italia.
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