Questione oziosa e insolubile, perché la storia, che č continuitá, non č suscettibile di divisioni cronologiche razionali, che si possano astrattamente fissare a priori: č invece lo stesso racconto storico, giá configurato nella mente dell'autore, che puň suggerirgli, a semplice scopo di chiarezza espositiva e di utilitá mnemonica, di attenersi a questa o a quella fra le tante escogitate ed escogitabili divisioni temporali (tutte piú o meno grossolane e approssimative), cui si suol dare il nome di "periodi storici". Ma pel Balbo, che pensava diversamente(12), e pel quale la ripartizione della materia storica costituiva qualcosa di essenzialmente diverso dall'esposizione, la questione assurgeva a importanza capitale: a narrare gli pareva di non poter nemmeno cominciare, se non avesse preliminarmente classificati i fatti in periodi principali, secondari e via dicendo; ossia se non avesse innanzi, perfetto anche nei minimi particolari, uno schema cronologico, razionalmente e quindi astrattamente fissato, che poi conveniva sviluppare e colorire. Accadeva, naturalmente, quel che doveva accadere; cioč che il Balbo, dopo essersi procurata un'altra serie di tormenti e di ambasce, durante la quale prospetti cronologici susseguivano a prospetti cronologici, ciascuno dei quali annullava il precedente e ciascuno dei quali lo contentava meno del precedente, finiva, sgomentato e sbigottito, per deporre ancora una volta la penna e credere che la storia d'Italia non fosse impresa da lui.
Ma vi ritornava poi, con la tenace costanza, con la quale le mille volte si ritorna a una donna amata, cui le mille volte si sia giurato un eterno addio.
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