In fondo all'animo suo era ancora un cantuccio buio, che quel lampo doveva illuminare. E tutti i conati da lui fatti non erano se non stimoli esterni, da lui inconsciamente adoperati per far sprizzare in modo artificiale quella divina scintilla. Ma l'arte non vuol esser conquistata né con la violenza né con sotterfugi: vuol venire ella stessa, spontaneamente, a noi, quando forse meno l'aspettiamo, e allora abbandonarsi tutta nelle nostre braccia. E cosí avvenne al Balbo.
S'era alla fine del 1845, ed egli, ormai vecchio, alla storia d'Italia aveva rinunziato, contento se altri, piú fortunato, potesse avvalersi del tesoro di ricerche e d'esperienza da lui accumulato. Un bel giorno si reca da lui il Predari e gli propone di scrivere l'articolo "Italia" per l'Enciclopedia popolare, che si pubblicava presso il Pomba(13). Il buon vecchio sulle prime, spaventato, rifiutò netto: chi gli avrebbe infuso il coraggio, dopo tante delusioni, di fare un ultimo e disperato tentativo? Tuttavia quel nome "Italia" gli aveva rimescolato tutto l'animo: nome indifferente forse ad altre orecchie, ma che per lui significava non soltanto la patria adorata, ma anche il meglio della sua vita trascorsa, con le sue ansie, le sue gioie, i suoi dolori. E la possente fantasia, che sembrava addormentata, cominciò a rievocare, con colori ancora piú poetici, gli itali, osci e tusci, che si alleano per ricacciare di lá dal mare l'odiato Pelasgo; i popoli latini, che si stringono intorno a Roma per tener fronte al Gallo invasore; i comuni lombardi, che giurano fratellanza e concordia a Pontida per respingere oltre le Alpi l'aborrito Tedesco.
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