Che d'aver lei, al suo Signor la chiede,
E ciascun Santo ne grida mercede.
Sola pietà nostra parte difende,
Chè parla Dio, che di Madonna intendeDiletti miei, or sofferite in pace
Che vostra spene sia quanto mi piaceLà ov'è alcun che perder lei s'attende,
E che dirà nell'inferno ai mal nati:
Io vidi la speranza dei beati.64
In questa risposta di Dio all'Angelo ed ai Santi contenuta nei cinque ultimi versi, chiara è l'allusione ai timori continui di Dante sulla vita della donna amata – Alcun che perder lei s'attende; – timori molto naturali all'amore, giustificati dalla pallidezza e delicatezza di essa, di che Dante parla qui ed altrove, e che vedremo crescere più e più, al crescer probabilmente della languente salute di Beatrice. In secondo luogo, poi, è chiaro qui, che quando scrisse Dante questa sua Canzone, egli aveva già concepita qualche idea almen della prima cantica del Poema.
Del resto, è fatto universalmente osservato: che se più tardi si concepiscono altre sorta di opere, le grandi poesie non sogliono guarì idearsi se non negli anni della prima gioventù. In qual anno precisamente venisse a Dante quest'idea, non è possibile determinarlo: bensì può dirsi che non fu posteriore al 1289, venticinquesimo suo, essendo di tal anno al più tardi la citata canzone. Imperciocchè, recata questa e i due sonetti, passa Dante a narrare, come succeduto pochi dì appresso, un fatto del 31 dicembre di quel 1289. Ma perchè questo fatto fu come nunzio e principio della grande sventura di Dante, e dell'anno fatale dell'amore e della vita di lui, aspetteremo a narrarne dopo aver detto delle altre occupazioni e degli studi giovanili, cui attese egli a un tempo che al suo amore.
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