Ad ogni modo, della dialettica del medio evo niuno certo giudicò meglio che Corrado III imperadore; il quale, irretito da uno di que' maestri di logica in una di quelle arguzie, molto bene se ne disimpacciò esclamando: Che gran buon tempo hanno pure i letterati!96 Nè si astenne Dante da tali esercitazioni; chè addestratovi in gioventù, vedremo a luogo suo come vi si dilettasse, in Napoli forse e in Verona, certo poi alla famosa università di Parigi. Anche i grandi uomini forza è che servano talvolta al loro tempo: ma questa differenza v'è tra i grandi e i piccoli, che costoro servon sempre e restan gregge, dove i grandi sanno trovare qualche lor giorno di libertà, e fanno opere allora discernibili di mezzo alle servili, proprie o d'altrui.
Nè erano migliori gli studi compresi nelle quattro arti del quadrivio. Delle due prime, l'aritmetica e la geometria, meno appartenenti agli studi di Dante, ma in che pure ei si mostra pratico di quanto sapevasi allora, basti il dire che dei primi anni di questo secolo è quel Leonardo Fibonacci, cancelliere della dogana dei Pisani in Bugia di Barberia, dal cui libro dell'Abbaco credesi o introdotto o divulgato l'uso dei numeri Indici o Arabici.97 Così queste scienze sorte giù, dicesi, in Egitto ad uso dell'agricoltura, risorgevano ora in Italia ad uso del commercio. Ma a tal progresso è da contrapporre la solita ombra di un'ignoranza pur durante; quella di un Campano da Novara, commentator d'Euclide, ed uno de' primi matematici dell'età, il quale attendeva alla quadratura del circolo.
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