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      Fu fedito messer Bindo del Baschiera Tosinghi; e così tornò a Firenze, ma fra pochi dì morì. Della parte de' nimici fu morto il Vescovo, e messer Guglielmo de' Pazzi franco cavaliere, Bonconte e Loccio da Montefeltri, e altri valenti huomini. Il conte Guido non aspettò il fine, ma senza dare colpo di spada, si partì. Molto bene provò messer Vieri de' Cerchi, e uno suo figliuolo cavaliere alla costa di sè. Furono rotti gli Aretini, non per viltà, nè per poca prodezza; ma per lo soperchio de' nimici furono messi in caccia, uccidendoli. I soldati Fiorentini, che erano usi alle sconfitte, gli ammazzavano; i villani non aveano pietà. Messer Talano Adimari e i suoi si tornarono presto a loro stanza. Molti popolani di Firenze che aveano cavallate, stettono fermi; molti niente seppono, se non quando i nimici furon rotti. Non corsono ad Arezzo con la vittoria, che si sperava con poca fatica l'arebbono avuta. Al Capitano, e a' giovani cavalieri, che aveano bisogno di riposo, parve avere assai fatto di vincere, senza perseguitarli. Più insegne ebbono di loro nimici, e molti prigioni; e molti n'uccisono, che ne fu danno per tutta Toscana. Fu la detta rotta a dì 11 di giugno 1289, il dì di San Barnaba, in uno luogo, che si chiama Campaldino presso a Poppi.135»
      Spero che i miei lettori non mi sapranno mal grado, trattandosi del primo o maggior fatto d'arme ove siasi mai trovato Dante, d'aver loro recata la descrizione così viva del Compagni. Il Villani narra in modo concorde questa battaglia, e la dice la più ordinatamente combattuta, che sia stata a quei tempi in Italia.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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