Imperciocchè, dopo quelle generalità da noi recate sui matrimonii de' filosofanti, ei continua: «Natura generale è delle cose temporali, l'una l'altra tirarsi dirieto. La famigliare cura trasse Dante alla Repubblica; nella quale tanto lo avvilupparono i vani onori che a' pubblici uffizi congiunti sono, che senza guardare donde s'era partito e dove andava, quasi al tutto con abbandonate redini al governo di quella si diede. E fugli in ciò tanto la fortuna seconda, che niuna legazione si ascoltava, o a niuna si rispondeva, niuna legge si riformava, a niuna si derogava, niuna pace si faceva, niuna guerra pubblica si prendeva, e, brevemente, niuna deliberazione la quale alcun pondo portasse si pigliava, se egli in ciò non dava la sua sentenza.»225 Lasciamo stare quest'altro rincrescimento del Boccaccio, che Dante al peccato d'ammogliarsi abbia aggiunto quello di pur darsi a' pubblici uffizi; e lasciamo le risposte pur prolisse di Leonardo Aretino, che avrebbe potuto contentarsi di questa: «L'uomo è animale civile,» anche senza aggiugnere «secondo piace a tutti i filosofi.»226 Peccato è sì, che in mezzo a tutto ciò resti oscuro, se per fastidio della casa, o se tratto, all'incontro, dalla parentela de' Donati, entrasse Dante negli uffizi; in qual anno dopo il 1293 il facesse; se vi parteggiasse prima co' Grandi; e quando e come se ne scostasse facendosi matricolare all'Arte de' Medici e Speziali. Certo, i due passi posti in fronte al presente capitolo, e molti luoghi del Poema, e tutta la vita di Dante, mostrano in lui un modo di pensare poco popolaresco; e i versi recati su Giano della Bella sembrano una scusa, una autorità addotta al passare da' nobili a' plebei: e quindi non parmi troppa ardita congettura, credere che egli da principio, e tra il 1293 e il 1297 all'incirca, fosse co' Donati e co' Grandi; ma che negli ultimi anni del secolo poi, per le soverchierie di questi, e principalmente di mescer Corso, egli se ne scostasse, e facendosi matricolare, si venisse più e più accostando a' popolani.
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