Ma oscuri ad ogni modo questi principii, più chiari poi sono alcuni particolari della carriera pubblica di Dante, grazie a un altro biografo, meno elegante ma meno parolaio.
Il Filelfo, posteriore d'oltre a un secolo, ma che scrivendo a Firenze dov'eran carte e tradizioni, perdute poi, parmi autorevolissimo in un fatto così pubblico e principale, di che reca molti particolari, dice: che Dante esercitò per la Repubblica sua quattordici ambascerie. Il non trovarsi tal memoria se non in uno de' biografi, non è ragione di rigettarla; se non si voglia fare il medesimo di tanti fatti che s'ammettono nella storia su una sola autorità. Le ambascerie davansi allora agli uomini letterati, anche non uomini di stato, come il Petrarca e Boccaccio; onde è tanto più probabile che si dessero a Dante, uomo di lettere e a un tempo d'azione negli affari di guerra, nobile esso, ed or congiunto ad una nobilissima e potente famiglia. Nè certo ei dovette giugnere più tardi a' primi posti della Repubblica, senza essersi acquistato qualche nome negli inferiori, nè di questi è accennato nessun altro. Finalmente, abbiam memorie certe di altre ambascerie esercitate da Dante, e fin nell'esilio suo, e all'ultimo di sua vita in nome de' signori presso cui erasi rifuggito; nè dovette ciò farsi se non avesse Dante esercitato prima simili uffizi in patria, e non si fosse acquistato nome di buon ambasciadore, o, come diremmo noi, di buon diplomatico. Il fatto sta, che l'uffizio più sovente esercitato, la specialità, il mestiero, per così dire, di Dante, fu appunto il diplomatico.
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