Nè perciò s'immagini taluno le importanze, le eleganze, gli ozi e le lautezze delle presenti ambascerie; chè allora, e molto tempo dopo, non erano a posto fisso gli ambasciadori; e ripatriavano appena terminato il negozio a cui erano spediti; e andavano e tornavano soli, a cavallo, e con sì poca pompa, che sovente era con istenti, come si può vedere due secoli dopo ancora, ne' dispacci e nelle relazioni del Machiavello.
La maggior prova, poi, della verità di tali ambascerie* di Dante sta ne' particolari dati dal Filelfo, parecchi de' quali combaciano co' fatti rammentali nelle storie. Ei le annovera così: «I. Ai Sanesi, per li confini che Dante compose a suo talento. II. Ai Perugini, per certi cittadini sostenuti a Perugia, i quali ei ricondusse seco a Firenze. III. Alla Repubblica Veneziana, per istringere un'alleanza, ch'egli effettuò come volle. IV. Al Re di Napoli, con regali, per contrattare amicizia, ch'ei contrasse indelebile. V. Al Marchese d'Este, nelle sue nozze, dal quale fu anteposto agli altri ambasciatori. VI. Ai Genovesi, pe' confini, ch'ei compose ottimamente. VII. Seconda al re di Napoli, per la liberazione di Vanni Barducci, che il Re era per mandare al supplizio, e che fu liberato per quella egregia orazione di Dante, la quale incomincia: Nihil est, quo sis, Rex optime, conformior Creatori cunctorum, et regni tui largitori, quam misericordia et pietas, el afftictorum commiseratio etc. VIII, IX, X, XI. Quattro volte fu oratore a Bonifazio pontefice massimo, e sempre impetrò ciò che volle, fuorchè in quella legazione che non era compiuta quando fu esiliato.
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