I particolari di questo fatto del Cardinale, o almeno quelli che mettendolo in sospetto dei Bianchi signoreggianti, fecero rigettare le proposizioni di lui, ci sono serbati da Dino Compagni, testimone e partecipe. «Alla vigilia di San Giovanni»275 (e così al nono dì del priorato di Dante) «andando l'Arti a offerere, come era usanza, ed essendo i Consoli innanzi, furono manomessi da certi Grandi e battuti, dicendo loro: Noi siamo quelli che demmo la sconfitta in Campaldino, e voi ci avete rimossi dagli uffici e onori della nostra città. I Signori sdegnati ebbono consiglio da più cittadini, e io Dino fui uno di quelli. E confinarono alcuni di ciascuna parte» (dal che vedesi che la baruffa tra le Arti, e i popolani e i grandi, fu considerata e fu veramente tra Bianchi e Neri, tra Cerchi e Donati, avendo così allora tre nomi ognuna delle parti); «cioè, per la parte de' Donati, messer Corso e Sinibaldo Donati, messer Rosso e messer Rossellino della Tosa, messere Giachinotto e messere Pazino de' Pazzi, messere Geri Spini, messere Porco Manieri e loro consorti, al Castel della Pieve; e per la parte de' Cerchi, messer Gentile e messer Torrigiano e Carbone de' Cerchi, Guido Cavalcanti, Baschiera della Tosa, Baldinuccio Aldimari, Naldo Gherardini e de' loro consorti a Serezano, i quali ubbidirono e andaron ai confini.» Ma già qualche parzialità, giusta o ingiusta, sembra che fosse in questa condanna; posciachè era così confinato messer Corso capo di parte Nera, e non messer Vieri capo di parte Bianca.
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