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Ai quali particolari resta solamente ad aggiugnere, che Carlo venne in Italia con parecchi conti e baroni, ma con soli 500 cavalieri francesi, a cui s'aggiunsero bensì molti fuorusciti Guelfi e Neri di Romagna e Toscana; che ricevette dal Papa il titolo di conte di Romagna e paciero di Toscana; e che, abboccatosi con Carlo re di Puglia, avea fermata l'impresa di Sicilia per la primavera vegnente, finiti che fossero nell'autunno e l'inverno quegli affari di Toscana. Tutto ciò era poco bello o grande per un signore di quel sangue reale di Francia, di che, in mancanza di forze effettive, si parlava tanto. Ondechè si vede, se avesse ragione Dante poi di chiamare piaggiatore questo straniero.
Del resto, tutta la situazione di lui in quest'anno, da noi tentata spiegare, è da lui altamente descritta in quella sublime poesia che abbiamo posto sopra, e che speriamo resti quindi più chiara a qualunque leggitore.
CAPO DUODECIMO.
CARLO DI VALOIS A FIRENZE. RIVOLUZIONE. DUE PRIME CONDANNE DI DANTE.
(4 novembre 1301-4 aprile 1302).
Poi appresso convien che questa297 caggiaInfra tre soli, e che l'altra sormonti
Con la forza di tal, che testè piaggia.
Alto terrà lungo tempo le fronti,
Tenendo l'altra sotto gravi pesi,
Come che di ciò pianga e che n'adonti.
Giusti son due, e non vi sono intesi:
Superbia, invidia ed avarizia sonoLe tre faville ch'hanno i cori accesi.
Inf. VI.
Nella rivoluzione che seguì a Firenze per l'intervento straniero del Valois, non ebbe parte Dante, assente, e non mai più ripatriato se non per patirne fino alla morte.
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