E continua poi rivolgendosi ironicamente a Firenze, ed accennando con precisione gli eventi del novembre 1301:
Fiorenza mia, ben puoi esser contentaDi questa disgression che non ti tocca,
Mercè del popol tuo, che si argomenta.328
Molti han giustizia in cuor, ma tardi scocca,
Per non venir senza consiglio all'arco;
Ma 'l popol tuo l'ha in sommo della bocca.
Molti rifiutan lo comune incarco;
Ma 'l popol tuo sollecito rispondeSenza chiamare, e grida: io mi sobbarco.329
Or ti fa lieta, chè tu hai ben onde;
Tu ricca, tu con pace, tu con senno:
S'io dico ver, l'effetto nol nasconde.
Atene e Lacedemona, che fennoL'antiche leggi, e furon sì civili,
Fecero al viver bene un picciol cenno,
Verso di te, che fai tanto sottiliProvvedimenti, ch'a mezzo novembre
Non giunge quel che tu d'ottobre fili.330
Quante volte, del tempo che rimembre,
Leggi, monete, e offici, e costumeHai tu mutato, e rinnovato membre?
E, se ben ti ricordi e vedi lume,
Vedrai te simigliante a quella 'nferma,
Che non può trovar posa in su le piume,
Ma con dar volta suo dolore scherma.
Purg. VI. 124-151.
CAPO DECIMOTERZO.
ANEDDOTI. LE RIME. GLI ULTIMI AMORI DI DANTE IN PATRIA.
(1292-1301).
. . . . . . . . . . . . di mia naturaTrasmutabile son per tutte guise.
Parad. V.
Prima di seguir Dante nell'esilio onde più non tornò, gioverà cercare alcune memorie che pure spettano alla vita di lui in patria, senza che si sappia bene a qual anno. E le prime saran quelle che pur si riattaccano alle cause dell'esilio. Fra le novelle antiche, che senza meritar fede in ogni particolare, s'hanno pure a tenere come tradizioni della città, sono precipue quelle del Sacchetti.
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