La prima volta fu appunto uscendo Dante di casa dopo desinare, per andare a quella faccenda dell'Adimari; che, passando per Porta San Piero, udì un fabbro che battea su l'incudine, e insieme cantava i versi di lui tramutati, smozzicati e appiccati. Non disse nulla Dante, se non che, accostandosi alla bottega dove il fabbro aveva i ferri con che facea l'arte, piglia Dante il martello e gettalo per la via; piglia le tanaglie e getta per la via; piglia le bilance e getta; e così gittò molti ferramenti. Il fabbro, voltosi con un atto bestiale, dice: Che diavol fate voi? Siete voi impazzato? – Dice Dante: E tu che fai? – Io l'arte mia, dice il fabbro, e voi guastate le mie masserizie gettandole per la strada. – Dice Dante: Se tu non vuogli che io guasti le cose tue, non guastar le mie. – Disse il fabbro: Oh che vi guasto io? – Disse Dante: Tu canti il libro, e non lo di' com'io lo feci: io non ho altr'arte, e tu me la guasti. Il fabbro gonfiato, non sapendo rispondere, raccoglie le cose, e torna al suo lavorìo: e se volle cantare, cantò di Tristano e di Lancilotto, e lasciò stare il Dante.337
Un'altra volta, andandosi Dante per la città di Firenze, e portando, come allora s'usava, la gorgiera e la bracciajuola, scontrò un asinajo che aveva innanzi certe some di spazzatura, e andava dietro cantando il libro di Dante; e quando avea cantato un pezzo, toccava l'asino e diceva arri. Dante gli diede con la bracciajuola una grande batacchiata sulle spalle, dicendo: cotest'arri non vi mis'io.
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