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      Nella quale, disceso già di cerchio in cerchio tutto l'Inferno, e risalito di scaglione in scaglione tutto il monte del Purgatorio, quando in cima a questo, nel Paradiso terrestre, egli incontra finalmente Beatrice; Beatrice che, secondo l'epoca finta al Poema dell'aprile 1300, egli da dieci anni piangeva e desiderava; segue una scena di ricognizione e d'amore, la più affettuosa fra quante furono descritte da Dante (non eccettuata quella dell'amore soddisfatto di Francesca); ma in cui la parte principale e più viva è quella appunto de' rimproveri fattigli da Beatrice per le infedeltà di lui. Invano gl'interpreti si sono affaticati a guastar colle allegorie le celestiali parole, le quali, a chi legga con semplicità, non altro sono che parole di donna amorevole e pura, e fatta Angelo sì, ma pur di donna qual doveva un Dante raffigurarsi in cielo la sua Beatrice. Nè qui corre allegoria; anzi, egli esce a poco a poco, al principio del XXX canto, d'ogni oscurità; e paragona al nascere del sole ombrato tra' vapori mattutini, la venuta di sua donna dentro una nuvola di fiori gettati dagli Angeli, e vestita di quel medesimo color di fiamma in che ei l'aveva veduta la prima volta, e in che ei la rivide poi sempre nelle sue visioni.
      E lo spirito mio, che già cotantoTempo era stato che alla sua presenza
      Non era di stupor tremando affranto,
      Sanza degli occhi aver più conoscenza,344
      Per occulta virtù che da lei mosse,
      D'antico amor sentì la gran potenza.
      Tosto che nella vista mi percosseL'alta virtù che già m'avea trafitto


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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