Tal mi stav'io cc.
Purg. XXXI. 22-67.
E lascio a stento, e termino chiedendo scusa meno ai leggitori della lunga citazione, che al divino Poeta delle sue membra così sovente per me divelte. Ma è di necessità per me, che ho impreso di far conoscere l'uomo: chi voglia conoscere il poeta, ricorre al Poema; e 'l legga tutto senza eccezione, e da sè senza disturbo.
Ed ora, cercati quanto seppimo i fatti di Dante in patria, seguiamolo con l'amara memoria di quei fatti, con l'ira bollentegliene in petto, con quell'amor rinnovatogli in cuore dalle sventure e dalla solitudine, con quegli errori, con quei combattimenti e col proposito di rinnovellar sua vita, di tornare allo studio ed al negletto volo del Poema, seguiamolo nell'interminato esilio.
LIBRO SECONDO.
DANTE IN ESIGLIO.
CAPO PRIMO.
DANTE CO' FUORUSCITI E PRESSO UGUCCIONE DELLA FAGGIOLA. SCARPETTA DEGLI ORDELAFFI. GLI SCALIGERI.
(10 marzo 1302-1303).
Con l'animo che vince ogni battaglia.
Inf. XXIV.
L'Italia è ab antico la terra degli esilii. Così grandi e così frequenti non trovansi in nessun'altra storia, se non forse in quella della Grecia antica; sia che venga tal somiglianza di lor sorti dalla somiglianza di lor libertà e lor parti; ovvero dalla simil bellezza, che fa quelle due patrie tanto più care a chi vi nacque, tanto più gelosamente tenute da chi le possiede, tanto più amaramente desiderate da chi le perde: ondechè il perderle fu sempre dato e sofferto poco meno che come pena mortale. Ma la Grecia, prontamente serva, ebbe pochi secoli di questo come d'ogni altro politico sperimento.
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